Beata Elena Enselmini

Elena, della nobile famiglia padovana degli Enselmini, nacque a Padova nel 1207. Ancor giovinetta si consacro al Signore nel piccolo monastero suburbano dell’Arcella fondato da San Francesco intorno al 1220, in un suo passaggio per quella città. Il primitivo cenacolo minoritico di “S. Maria de’ Cella”, intitolato alla Vergine come tutte le prime fondazioni francescane, era costituito di due nuclei attigui: il “monastero delle povere dame” e il conventino dei frati minori che officiavano la chiesetta e questuavano in città, dividendo il ricavato delle elemosine con le sorelle del secondo ordine.
Quando sant’Antonio giunse a Padova come Ministro Provinciale, intorno al 1227, visitò e dimorò nel convento dell’Arcella e qui conobbe Elena, la quale, da quel momento, godette della direzione e dei conforti spirituali che le venivano rivolti dall’ardente predicatore e superiore. Tra le due grandi anime si strinse subito un nodo di santa amicizia spirituale, fatta di scambievoli aiuti: Antonio dava alla eroica paziente l’aiuto del suo consiglio; Elena dava in cambio, nelle sue infermità corporali, al suo Padre spirituale il merito delle sue sofferenze, divenendo anche lei missionaria di desiderio, di amore.

Giunta al diciottesimo anno di età (il sesto da quando e entrata in monastero) mentre un giorno stava in coro prostrata davanti al SS. Sacramentato si senti scorrere per tutte le ossa un crudo gelo, indizio di grave infermità. Il sudore le scorreva per le membra del corpo, le mancarono le forze e svenne.
Accorsero le sorelle che la posero a giacere sul suo letto e lei, una volta riavutasi, sollevati gli occhi e le mani verso il cielo benedisse quel Dio che con le infermità e i dolori la rendeva in parte simile a lui”.
Cosi, mentre stavano per compiersi i primi dieci anni di vita religiosa, vita di altissima perfezione nella stretta osservanza della regola, divenendo, per le sue consorelle, esempio di pietà, penitenza e laboriosità, a circa 23 anni, fu colpita da una gravissima infermità che la tormentò per 15 mesi, tra spasimi indicibili e febbri altissime, malattia che ella sopportò con vera fortezza d’animo e serena fiducia nel Signore.

Nell’elogio dell’accettazione e dell’obbedienza alla volontà di Dio c’era già l’annunzio della gloria della Beata di Padova. Poco dopo la morte del Santo, avvenuta proprio all’Arcella nella sera del 13 Giugno 1231. L’infermità da cui era stata colpita Elena anni prima, la privo dell’uso della parola e della vista, impedendole inoltre di poter assumere qualsiasi cibo, sicché visse gli ultimi tre mesi senza mangiare né bere. Conservò però la piena lucidità. Tutte queste infermità del corpo non potevano spaventare però la donna forte.

Riusciva a seguire le letture della sacra Scrittura e delle vite dei Santi, e le celebrazioni liturgiche. In tal modo, la meditazione delle realtà celesti, specialmente della Passione di Cristo, si trasformarono in visioni che la badessa le ordinava di non rivelare in alcun modo alle consorelle.
Impedita nella parola, comunicava con cenni, corrispondenti alle lettere dell’alfabeto. Si faceva intendere dalle monache “con modo straordinario o con segni delle mani o, non essendo intesa, si faceva nominare le lettere dell’alfabeto e segnava quelle che facevano per se e poi delle lettere faceva comporre le sillabe, e di quelle le parole, e delle parole l’orazione.

Il male, dopo circa quindici mesi di penosissima infermità, ebbe ragione del fisico delicato della giovane clarissa. Nelle ultime ore della sua vita si fece leggere la Passione del Signore. Infine, chiusi gli occhi, ritirati alquanto i piedi, senza lamento alcuno, soavemente morì un mese dopo la festa di San Francesco, cioè il 4 Novembre, e circa quattro mesi dopo S. Antonio. Il suo corpo, che si doveva seppellire in una fossa a parte fu all’ultimo istante deposto in un’urna. La decisione presa dall’Abbadessa, fu un fatto del tutto straordinario.

Di certo si sa che appena spirata Elena assunse l’aspetto rilassato della dormiente acquistando un colorito roseo che ne addolcì il volto il che, probabilmente, indusse le Clarisse a rimandare la sepoltura fino a quando non si fossero manifestati i primi segni della dissoluzione del corpo. Invece, per uno degli strani fenomeni “miracolosi”, il corpo di Elena Enselmini, tanto travagliato dal male in vita, subì in morte un processo naturale di mummificazione rimanendo pressoché intatto.

Liturgia, Culto e Devozione

Dalla devozione del popolo e delle Clarisse verso questa nobile fanciulla germogliò spontaneo il culto che si protrasse nel tempo senza soluzione di continuità. Considerata santa dall’Ordine francescano, i cui agiografi l’associavano a S. Chiara e a S. Antonio da Padova, la Beata Elena venne ritratta come compatrona della città, a metà del secolo XIV, da Giusto de’ Menabuoi nel polittico del Battistero del Duomo di Padova commissionato da Fina Buzzaccarini, particolarmente devota di Elena Enselmini.

La causa di beatificazione, richiesta dall’Ordine dei Minori, dall’ambasciatore della Repubblica di S. Marco, dal capitolo della cattedrale e dal clero di Padova, dalle autorità cittadine e dal collegio dei teologi, fu promossa ed inoltrata nel 1693 dal Vescovo di Padova, il Cardinale Gregorio Barbarigo (1625-1697). Egli, che ne fu fervente devoto, celebrò – il 13 Giugno 1696 – il solenne Pontificale in suo onore. Il suo successore, il Vescovo Antonio Marino Priuli (1767 -1772), ne fece conoscere la vita e ne propagò ulteriormente il culto. Quindi, solo alla fine del XVIl secolo ebbe inizio quel processo di beatificazione (1693) che fu confermato dal Papa Innocenzo XII nell’Aprile del 1695, quando Elena venne ufficialmente dichiarata “Beata della Chiesa Cattolica Universale”

Il 24 Dicembre 1695 fu concessa l’Indulgenza Plenaria per chi visitava, nel giorno della festa, la chiesa della Beata. Nel 1696 si svolsero anche all’Arcella (..la chiesa era stata ricostruita nel 1674/75) solenni festeggiamenti, in onore della Beata Elena, seguendo un particolare ordine in cui doveva svolgersi la processione. Dopo tutte le autorità, le confraternite, le Scuole, l’Università, il corpo della Beata doveva essere portato a spalla da otto sacerdoti in pianete bianche sotto un baldacchino sostenuto da un numero simile di nobili dottori del Collegio Legale.

Il monastero della Beata Elena e le sue vicende

Ricostruito una prima volta tra il 1275 ed il 1278 a cura del Comune di Padova, che lo prese sotto la propria diretta protezione, il Convento subì gravi danni nel 1405 durante la conquista veneziana di Padova. Alla fine dello stesso secolo (1494/95) un gravissimo incendio semidistrusse i fabbricati che vennero completamente ricostruiti, grazie alle elemosine ricavate da speciali Indulgenze concesse dai Papi. Finalmente nel 1509, durante l’assedio della città ad opera di Massimiliano d’Asburgo, il Monastero venne occupato dalle truppe imperiali e, alla partenza di queste, trasformato in “Lazzaretto” per gli appestati. Tra il 1517 ed il 1520 venne completamente abbattuto per attuare “IL GUASTO” intorno alle mura veneziane.

Le monache sfrattate dal loro antico asilo fin dal 1509, ripararono entro le mura cittadine, portando con sé il corpo della Beata Elena e cercando una nuova sistemazione che trovarono in modo definitivo – dopo varie vicende – nel 1520 acquistando l’ex Monastero degli Armeni, in Borgo Ognissanti, dopo aver tentato inutilmente – e in tutti i modi – di ritornare al loro antico Monastero dell’Arcella ormai distrutto, ma del quale conservarono ininterrottamente la proprietà fino al 1810.

Per quasi tre secoli le Clarisse dimorarono in Borgo Ognissanti, ricostruirono il vecchio Monastero dotandolo di una bella chiesa dedicata alla B. Elena (m. 16,80 X 7,30) con quattro altari, arricchita da alcuni dipinti di Jacopo Cerruti, Nicolò Bambini e Antonio Zanchi. Chiusi il Monastero e la chiesa nel 1810 in seguito alla soppressione Napoleonica, le monache vennero disperse e il corpo della Elena Enselmini venne destinato dal Vescovo alla chiesa di S. Sofia, dove rimase fino al 1957, quando ritornò definitivamente al Santuario dell’Arcella, al termine di solenni celebrazioni cittadine.

Preghiera alla Beata Elena Enselmini

O Padre, che hai donato ad Elena Enselmini,

Vergine e Beata padovana,

di partecipare in modo singolare

alle sofferenze del Signore Gesù,

concedi a noi tuo popolo di sperimentare

la potenza redentrice della Croce

sull’esempio di Elena che,

ardente del tuo spirito d’amore,

visse nella contemplazione del Crocifisso

e nel servizio amorevole delle consorelle.

Per sue intercessione

rendici partecipe del mistero di salvezza

del nostro Signore Gesù Cristo

che incontreremo un giorno

nella gloria senza fine.

Amen.

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