Chiesa San Canziano

Questa chiesa dedicata ai santi fratelli Canziano, Canzio, Canzianilla e a Proto, martiri di Aquileia (31 maggio 304) si trova di fianco piazza delle Erbe, nelle vicinanza di Palazzo della Ragione. È  una delle più antiche chiese di Padova  risalente all’anno 1034. Dopo il disastroso terremoto del 1117 e l’incendio del 1174, la chiesa fu rinnovata nel 1617 e consacrata nel 1762, come ricorda l’iscrizione sopra il portale d’ingresso che si legge: “ D.O.M. SANCTISQ. CANTIANO ET SOCIIS MARTYR. PIORUM OPE IN SPLENDIDIOREM / FACIEM CULTUMQUE RESTITUTUM M.D.C.XVII ”. (A Dio Onnipotente Massimo, a san Canziano e ai compagni martiri, grazie alle offerte dei fedeli ricostruito con più sontuosa forma e ornamento 1617).

 La facciata si presenta con una grande decorazione pittorica e scultorea, al centro un grande affresco raffigurante la Madonna Immacolata e i Santi titolari, dipinta nel 1729 dal francese Guy Louis II Vernansal, all’interno di nicchie poste tra gli intervalli delle semicolonne, due statue in pietra tenera realizzate dall’artista padovano Antonio Bonazza (1698-1763). Rappresentano la Verginità e l’Umiltà, due virtù che la tradizione attribuisce a Maria, accompagnate dal motto di san Bernardo “Virginitate Placuit / Humilitate Concepit” (piacque a Dio per la sua verginità, ma concepì per la sua umiltà) inciso sulle mensole alla base delle nicchie. La Verginità, a sinistra, è raffigurata come una giovane donna che regge dei gigli, simbolo di purezza, e cinta da una fascia, che rievoca la tradizione della cintura indossata nell’antica Roma dalle spose il giorno delle nozze. L’Umiltà, a destra, è rappresentata con i caratteri propri dell’Innocenza, con una ghirlanda di fiori tra i capelli a ricordare la purezza dei pensieri e un agnello in braccio, che rappresenta l’incapacità di offendere il prossimo.

Sotto le nicchie troviamo due lapidi, a sinistra quella funeraria del medico Bartolomeo Campo, a destra un’iscrizione che ricorda il testamento di don Cesare Mantova, parroco per 27 anni. Sopra le nicchie stanno due bassorilievi, scolpiti da Pietro Danieletti (1712-1779),  artista padovano forse allievo di Giovanni Bonazza: raffigurano i santi titolari della chiesa che si rifiutano di adorare gli idoli, e per questo vengono decapitati. Alla sommità della facciata svettano le sculture dei quattro evangelisti, anch’esse opera di Pietro Danieletti: da sinistra, San Giovanni con il calice (dal quale bevve del veleno restando illeso, secondo la leggenda) e l’aquila ai piedi; San Matteo, con l’angelo che regge il Vangelo da lui scritto; San Marco, con il leone; San Luca, con il bue.

L’interno è suddiviso in tre piccole navate, al centro troviamo l’altare maggiore con la pala di Alessandro Varotari (1588-1648), detto il Padovanino. Qui, oltre alla Vergine Immacolata che porge a san Canziano e compagni i rami di palma, compaiono, in basso, anche le figure di san Girolamo, a sinistra – il muso del leone, verso il bordo del dipinto, è in parte nascosto dalla figura del santo – e di san Michele Arcangelo che, armato di spada, sta per colpire Satana, rappresentato sotto i suoi piedi con sembianze semiumane. La presenza di questi due santi è legata alle intenzioni del benefattore che, a sue spese, aveva fatto erigere l’altare. Una iscrizione in latino, ora perduta, posta a fianco del nuovo altare maggiore diceva: “a D.O.M. e alla Beata Madre di Dio Maria e ai santi Canzio, Canziano, Canzianilla e Proto, martiri, a san Michele e san Girolamo protettori, Girolamo Tirabosco, a sue spese, questo altare eresse, ornò, fornì e poiché è memore della sua mortalità, mentre è ancora vivo, pone dappresso un sepolcro per sé e per i suoi. A.D.MDCII.”

Sulla parete a destra troviamo l’altare con la pala di Francesco Zanella, un pittore padovano attivo in città e nei dintorni tra il ‘600 e il ‘700. Nella pala è raffigurata una giovane fanciulla con le mani strette sul petto in atto di preghiera. E’posta su una falce a forma di luna intenta a schiacciare la testa di un serpente. La pala vicina all’ingresso rappresenta la Pentecoste ed è di un ignoto pittore del ‘600. Nella parete di sinistra, tre pale presentano momenti della vita di san Carlo, di san Rita da Cascia e di sant’Antonio. La pala di San Carlo Borromeo in processione con un crocifisso è opera del pittore padovano Giovan Battista Bissoni (1576-1634). Sopra la porta della sacrestia si trova una grande tela di Pietro Damini (1592-1631), Il miracolo del cuore dell’avaro. 

All’inizio del Novecento, in questa chiesa viene introdotto il culto di santa Rita da Cascia appena canonizzata, culto tuttora particolarmente vivo; anzi, per i padovani la chiesa di S. Canziano è la chiesa di S. Rita. Ogni giovedì molti fedeli assistono alla messa in suo onore e il 22 maggio, giorno della sua festa, vi è la partecipazione, lungo tutta la giornata, di una folla di devoti.

L’altare dedicato alla santa risale al 1930 e la pala posta sopra di esso è opera della pittrice Cecilia Pivato Caniato (1886-1966): vi è raffigurata la santa, in abiti agostiniani, seduta ed in atteggiamento di assorta preghiera; dal cielo scende un angelo che le mostra la corona di spine; alla sua destra una consorella l’assiste e ai suoi piedi è presente una fanciulla con un mazzo di rose.

La pittrice ha mostrato simultaneamente due momenti particolarmente significativi della vita della Santa. Rita desiderava di poter condividere con Nostro Signore i dolori della Passione e un giorno, mentre pregava il Redentore di esaudirla, sentì una spina della corona che le si conficcava in fronte, lasciandole una piaga profonda. Negli ultimi anni della sua vita, costretta all’immobilità, per le fatiche e i digiuni cui si sottoponeva, chiese ad una parente che era andata a visitarla una rosa del suo giardino. Il desiderio sembrava assurdo perché si era in inverno, ma la parente, recatasi nell’orto, con enorme stupore trovò delle rose appena sbocciate. La santa ringraziò Gesù per il miracolo, e da allora, la Santa della spina diventò anche la Santa delle rose.

La chiesa, benché piccola, forse per la sua posizione centrale, fu luogo di solenni cerimonie, come quella del 9 giugno 1180, durante la quale venne firmata la pace tra i Signori da Camino e gli abitanti di Conegliano.

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