Il palazzo della Ragione è uno degli edifici più noti e tipici della città di Padova in quanto detiene il ciclo di affreschi più ampi fra i siti dell’Urbs Picta. Le quattro enormi pareti, infatti, sono completamente coperte dai capolavori su uno sviluppo orizzontale di 217 metri lineari che lascia senza parole tutti i visitatori.
Il Palazzo fu eretto a partire dal 1218, sotto il potere del Potestà Giovanni Rusconi, e sopraelevato nel 1306 da Giovanni degli Eremitani che gli diede la caratteristica copertura a forma di carena di nave rovesciata. L’ampia copertura era sostenuta da 116 costoloni di larice, che poggiavano su una grossa trave e su mensole, legate da venti catene di ferro. Nel 1309 si aggiunsero esternamente due logge pensili porticate rivolte verso piazza delle Erbe e dei Frutti e nel 1430 furono aggiunte ulteriori due logge, aperte verso i mercati ospitati nelle piazze.
Per la decorazione fu chiamato Giotto, già presente a Padova per la decorazione della Cappella degli Scrovegni. Il maestro fiorentino realizza una sequenza di pitture in tema astrologico con segni zodiacali, pianeti e costellazioni. Sembra che l’ideatore fosse stato il celebre medico, matematico, filosofo e strologo padovano Pietro d’Abano, il cui cadavere fu bruciato perché condannato per eresia.
Purtroppo un incendio devastò il Palazzo della Ragione il 2 febbraio 1420, distruggendo l’intera volta e gli affreschi. L’immediata ricostruzione fu affidata all’ingegnere navale Bartolomeo Rizzo, che rifece tale e quale la copertura a carena di nave. Vennero abbattuti i muri divisori e fu creata un’unica sala lunga quasi 82 metri, larga 27 e alta 27 metri, creando così la più grande sala pensile del mondo, chiamata dai padovani “Il Salone”. In origine la Sala era divisa in tre grandi sale: La Cappella dedicata a San Prosdocimo, primo vescovo di Padova, che si trovava sul lato orientale; La Sala delle Udienze dei Giudici al centro; e le prigioni sul lato occidentale.
Gli affreschi furono ripristinati dal maestro padovano Niccolò Miretto con la collaborazione di Stefano da Ferrara e di altri pittori.
Il 17 agosto 1757 un furioso turbine sconvolse il grande edificio distruggendone il tetto e scoperchiandolo. Bartolomeo Ferracina, orologiaio e ingegnere della Serenissima, più noto per la costruzione dell’orologio di Piazza San Marco a Venezia e anche autore della ricostruzione del ponte palladiano di Bassano del Grappa, provvide alla ricostruzione dell’imponente struttura.
La decorazione pittorica
Il ciclo pittorico attuale è costituito da 333 riquadri, sviluppati su due fasce:
- La fascia superiore, inizia nell’angolo tra la parete orientale e quella meridionale con il mese di Marzo (Ariete) e termina con Febbraio (Acquario). Ogni comparto è suddiviso in tre fasce di riquadri raffiguranti le rappresentazioni del mese, del segno zodiacale, del pianeta e delle influenze esercitate sui caratteri e sulle attività dell’uomo. Qui vi sono le costellazioni extrazodiacale, i cosiddetti ascendenti, in quanto determinano la vita degli uomini a seconda dell’aspetto che assumono al momento della nascita di ogni individuo.
- La fascia inferiore, che conserva la maggior parte delle opere, è stata realizzata in funzione dell’uso degli ambienti in cui la sala era originariamente divisa: le opere, infatti risultano separate dai segni ancora visibili dei banchi dei tribunali, che erano addossati alle pareti, ai quali corrispondono ancora oggi gli affreschi con figure di animali che li identificano. Chi veniva citato in processo riceveva una carta con sopra il simbolo del giudice che l’avrebbe giudicato e quindi al popolo, che all’epoca contava un’alta percentuale di analfabeti, per individuare il proprio giudice bastava ricordare la figura dell’animale. Una sorte di documento, quindi, che conferma la funzione che sin dal Duecento il palazzo ricopriva il luogo in cui si amministrava la giustizia.
Gli affreschi della zona superiore
Parete Meridionale
Marzo: è il primo mese dell’anno astrologico, che coincide con l’inizio della primavera. E’ rappresentato da un cacciatore, con i capelli mossi dal vento, che suona i due corni. Sotto vi è la scritta “Marcius “. Ariete: è rappresentato da un animale posto in posizione di ascesa, per salire il pendio ha bisogno della forza che viene da Marte. Marte: il pianeta è raffigurato nelle vesti di un giovane guerriero seduto su un trono, avvolto da un mantello rosso e con il capo raggiato; Nella mano destra tiene una spada, simbolo di comando, con la sinistra sorregge una torre. Da Marte, dio della guerra, dipendono il temperamento collerico e l’età giovanile. L’apostolo che apre il mese è Sant’Andrea che secondo i Vangeli, lasciò il suo lavoro di pescatore per seguire Gesù, è raffigurato con una tunica lunga di colore bianco.
Aprile: è il mese della Primavera e dell’Amore, viene descritto come una gentile fanciulla con dei mazzolini di fiori in mano, su un prato fiorito. Toro: è simbolo di pazienza, ma anche di forza e di caparbietà, viene raffigurato da un bue domestico dall’atteggiamento quieto in posizione ascendente. Venere: il pianeta, che qui ha assunto le sembianze della Vergine con il Bambino circondata da raggi, simboleggia l’Amore celeste in contrapposizione a quello terreno. L’apostolo è San Giacomo Maggiore, raffigurato con un lungo e sottile bastone.
Maggio: il mese è raffigurato nei panni di un cavaliere lanciato al galoppo, che con la mano destra tiene un ramo di albero come se fosse una lancia, usanza che i giovani cavalieri usano per le giostre, i tornei e per le esercitazioni militari. Gemelli: il segno è raffigurato da due giovinetti seminudi circondati da sette raggi dorati. Mercurio: si può riconoscere nelle vesti di un geografo o di un astronomo. L’Apostolo è San Filippo, raffigurato con una veste bianca e rosa, con la mano destra alzata, con la sinistra invece regge un libro di scritture.
Giugno: è il mese dedicato alla mietitura del grano, è raffigurato come un contadino che miete e lega i covoni. Cancro: il segno zodiacale è raffigurato come un grosso gambero di fiume, dalle robuste chele, in posa ascendente. Luna: il pianeta appare come una regina dalla lunga veste, seduta su un carro a quattro ruote, di ispirazione petrarchesca. Reca in una mano un ramoscello fiorito e nell’altra la mezza luna. L’Apostolo è San Bartolomeo, raffigurato con un lungo mantello rosso.
Parete Occidentale
Luglio: il mese è raffigurato da un contadino scalzo che batte il grano sull’aia. Leone: è raffigurato come un maestoso leone, in posizione non ascendente, con la coda sollevata, dipinto su uno sfondo azzurro. Sole: è rappresentato su un piccolo carro a quattro ruote, racchiuso entro una mandorla e regge nella mano destra un globo di luce. L’apostolo raffigurato è San Matteo.
Agosto: l’allegoria del mese di agosto appare invertita con quella di settembre, il mese è raffigurato da un uomo che sta raccogliendo l’uva, mentre agosto è tradizionalmente dedicato alla raccolta della frutta. Il contadino è aiutato da una ragazza che regge il cesto. Vergine: il segno è rappresentato da una giovane donna con spighe fra le mani, vestita di una lunga tunica dalle pieghe fluenti, collocata in posizione ascendente. L’apostolo raffigurato è San Tommaso.
Parete Settentrionale
Mercurio: il protettore delle Arti Liberali è raffigurato nel domicilio della Vergine come professore seduto in cattedra, mani appoggiate alla sfera e lo sguardo rivolto al cielo.
Settembre: è raffigurato da un contadino in piedi, con le braccia aperte, munito di lacci probabilmente per cacciare gli uccelli. Bilancia: è rappresentata da una vera bilancia medievale ed è simbolo di armonia e di equilibrio. Venere: simbolo dell’Amore terreno, è raffigurata come una giovane donna con i fianchi cinti da un drappo bianco che si guarda allo specchio. L’apostolo raffigurato è San Giacomo.
Ottobre: il mese raffigurato come un uomo in piedi con due coppe colme di vino. Scorpione: il segno è rappresentato da un gigantesco scorpione in posizione ascendente, con le chele aperte in atto di offesa. Marte: il secondo domicilio del pianeta Marte, qui in veste di guerriero a cavallo, pronto al combattimento con armatura, elmo e spada. L’apostolo raffigurato è san Simone.
Novembre: l’allegoria del mese sembra raffigurare una scena di caccia al cinghiale. Sagittario: il segno è rappresentato da un centauro con il corpo di cavallo e il busto di uomo nell’atto di scoccare una freccia. Giove: il pianeta, sotto la cui proto protezione stanno i potenti, i sovrani, come pure gli uomini dotti, è raffigurato in trono con gli attributi dello scettro e del globo. L’apostolo raffigurato è San Giuda Taddeo.
Dicembre: è raffigurato da un contadino in piedi che macella un maiale. Dietro di lui una donna in attesa di raccogliere le interiora. Capricorno: è raffigurato secondo la tradizione medievale, con un caprone in corsa su un terreno spoglio. Saturno: il pianeta è raffigurato in piedi come un vecchio che si morde le mani, cinto da raggi, con un’insegna recante una S sulla sinistra. L’apostolo raffigurato è san Matteo.
Gennaio: è raffigurato da una scena domestica, all’interno di una casa popolare medievale. Un vecchio è seduto davanti al focolare in atteggiamento affettuoso verso un bambino che gli offre una ciambella. All’interno della scena troviamo un gatto, un cane e una donna che sta rientrando a casa con la legna tra le braccia.
Parete Orientale
Acquario: è raffigurato da un uomo che versa l’acqua da una grande anfora su un terreno spoglio. Saturno: il pianeta è raffigurato da un vecchio seminudo con la falce che si guarda allo specchio. L’apostolo raffigurato è san Pietro con una grande chiave d’oro in mano.
Febbraio: il mese più breve è raffigurato da un giovane contadino intento a potare le viti. Pesci: il segno è raffigurato da due pesci, uno sopra l’altro, in direzione opposta, uniti per mezzo di un nastro. Giove: è raffigurato da un giovane seduto in trono con la corona da re e con gli attributi in mano, simbolo del suo potere. Febbraio è l’unico mese a non essere introdotto da un apostolo, al suo posto troviamo l’Incoronazione della Vergine.
Dopo il mese di luglio la descrizione dei mesi viene interrotta dalla maestosa rappresentazione dell’Elemosina di San Marco Evangelista, protettore della Repubblica di Venezia. Il santo è seduto su un grande trono ornato da angeli e sormontato dall’effigie di Dio Padre. Nella parte bassa troviamo una folla di fedeli che raccoglie le monete che fuoriescono dalle mani di San Marco.
Invece tra Gennaio e Febbraio, sopra la principale porta d’ingresso al Salone, è dipinta una grande Incoronazione della Vergine. La maestosa rappresentazione, affrescata nel ‘400, è impreziosita dalle eleganti forme del trono. Nella scena si vede Cristo che incorona solennemente Maria, mentre Dio Padre unisce entrambi nel suo abbraccio creando un triangolo ideale.
Gli affreschi della zona inferiore
Parete Meridionale
La parete meridionale inferiore inizia sotto il mese di marzo, con due Virtù Teologali, la Speranza e della Carità, affiancate dalle immagini di San Francesco e San Domenico racchiuse all’interno di bifora. L’opera è stata dipinta nella seconda metà del ‘300 e attribuita a Giusto De’ Menabuoi. Sopra la bifora troviamo la rappresentazione allegorica del Comune in Signoria, attribuita ai collaboratori di Miretto, dove è raffigurata una donna seduta, circondata da vari personaggi. La donna offre loro un ramoscello di limone con un frutto quale simbolo della felicità e del buon governo. Segue l’immagine del tribunale del Leone, il Leone di San Marco e l’immagine del tribunale dell’Aquila, quest’ultima raffigurata con le ali aperte e la lingua che esce dal becco. Al disopra della porta della Scala dei Ferri troviamo l’affresco di San’Antonio in trono, protettore della città, attribuito a Giusto De’ Menabuoi. Segue l’immagine del Tribunale dell’Orso, il Leone di San Marco e l’immagine del Tribunale del Pavone. Tra il mese di Aprile Maggio troviamo l’episodio del Giudizio di Salomone. Accanto a re Salomone appare una donna vestita di bianco che regge tra le mani una bilancia. La vera madre del bambino è inginocchiata, mentre la falsa madre è in piedi e regge tra le mani un cartiglio con la scritta in latino Né a me né a te ma sia diviso. Seguono le insegne del Tribunale del Porco, lo stemma del Comune di Padova e l’immagine del Tribunale dell’Ariete. Al disopra della porta della Scala del vin troviamo l’affresco di San Daniele, secondo protettore della città. Giusto De’ Menabuoi lo raffigura seduto su un ampio trono ornato da due piccoli angeli scolpiti, con la mano destra regge il modello di una città murata, Padova, e con la sinistra l’emblema del Comune. Seguono l’insegna del Tribunale della Volpe, un Orologio dipinto e l’immagine del Tribunale del Lupo. Sopra lo stemma della città troviamo la scena della Predica di San Tommaso in cattedra, raffigurato con il sole sul petto e con un libro aperto davanti a sé, attorniato da personaggi che ascoltano la sua parola. Segue il Tribunale del Cammello, il Leone di San Marco con il vangelo chiuso, e l’immagine del Tribunale del Drago a due teste.
Parete Occidentale
La parete occidentale inizia con l’immagine della Vergine Maria, raffigurata in piedi all’interno della nicchia. Sotto di lei, a mezzobusto, è dipinto San Benedetto. Seguono l’affresco di un vescovo della chiesa seduto in cattedra, nella parte bassa è raffigurato San Sebastiano, opera di Domenico Campagnola. Continuando lungo la parete troviamo il Monumento a Sperone Speroni realizzato da Marc’Antonio Sordi, ordinato dal Comune nel 1588 e realizzato entro il 1594 in memoria del letterato ed oratore padovano. Il busto, sorretto da un basamento di marmo con la dedica scritta in latino, è inserito all’interno di una nicchia. Al disopra del Monumento troviamo la scena della predica di San Tommaso. Seguono un vescovo Dottore della Chiesa seduto in trono, attribuito a Giusto Dè’ Menabuoi e sotto il Leone di San Marco tra due angeli vessilliferi reggenti gli stemmi del podestà Andrea Gritti e del capitano Paolo Pisani, attribuiti a Jacopo da Montagnana. I putti reggi stemma della città sono d’epoca successiva e attribuiti a Domenico Campagnola. A seguire troviamo un finto altare in basso, mentre in alto la raffigurazione di San Paolo seduto in Cattedra, opera di Giusto De’ Menabuoi. A fianco troviamo il Monumento a Tito Livio che sovrasta un altro dottore della Chiesa seduto in trono. Il monumento fu realizzato nel 1547 e ingloba una lapide funeraria rinvenuta nel monastero di Santa Giustina circa un secolo prima. L’iscrizione fu dettata da Lazzaro Bonamico ed il busto venne ripreso da un presunto ritratto posseduto da Annibale Maggi nella sua casa Degli Specchi in via Vescovado. I bronzetti ai lati rappresentano Minerva e l’Eternità, la lupa capitolina tra il Tevere e il Bacchiglione e vengono attribuiti ad Agostino Zotto. Accanto sorge, sotto l’immagine di San Gregorio Magno in trono, il Monumento a Lucrezia Dondi dall’Orologio, opera di Matteo e Tommaso Allio. Il busto, datato 166, si trova all’interno del clipeo tenuto dalla Pudicizia e dalla Fedeltà sovrastato dallo stemma della città. Lucrezia era la mogli del marchese padovano Pio Enea II degli Obizzi, venne uccisa la notte del 15 novembre 1654 da Attilio Pavanello che si era introdotto all’interno del Palazzo Cavalli, alle Porte Contarine, per abusare di lei. Morì con un fendente alla gola. La città volle il monumento come esempio di fedeltà coniugale e di pudicizia. Subito dopo il monumento si apre la porta della loggetta dei Bandi. Sull’architrave troviamo due stemmi della città, a destra quello dedicato a Francesco Barbarigo a sinistra dedicato al capitano Marco Giustinian. Una lapide ci ricorda una donazione ad Alfonzo d’Aragona dell’avambraccio del presunto scheletro di Tito Livio avvenuta nel 1451. Ai fianchi della lapide gli stemmi del Comune e del podestà Matteo Vitturi. Al disopra troviamo San Giovanni Crisostomo in trono. Segue il leone di San Marco, sotto cui troviamo l’ultima scena che raffigura un processo, attribuito a Jacopo Avanzo. Al centro di questa scena c’è una tavola bassa, un desco attorno al quale prendono posto, su scranni, il Presidente, raffigurato al centro dell’affresco con una veste rossa e con il collo di pelliccia, il consiliario, e di fronte all’ingresso, il cancelliere e l’avvocato. Più in basso, di dimensioni minori rispetto alla scena, sta l’imputato. In tale episodio si vuol riconoscere il processo a Pietro d’Abano, accusato di eresia, nel quale fu assolto.
Parete Settentrionale
La parete settentrionale inizia con la raffigurazione del Tribunale del Drago, seguita da tre rappresentazioni del Leone di San Marco. Segue l’immagine del Tribunale del Bue e del Cervo. Sopra la porta delle Erbe troviamo la raffigurazione di Santa Giustina seduta in trono che tiene la palma del martirio con la mano destra e una corona con la sinistra. Seguono il Tribunale del Leopardo e del Drago, sotto cui troviamo la lapide commemorativa della visita di Papa Pio VI, avvenuta il 14 maggio 1782. Accanto un orologio con i segni zodiacali dipinti da Domenico Campagnola. Subito dopo la scena che raffigura il Tribunale del Cavallo, il Leone marciano e la donna seduta in trono con le braccia aperte, rappresentazione allegorica del Diritto o della Giustizia. Sopra la quarta porta troviamo l’immagine di San Prosdocimo seduto in trono. Al suo fianco la rappresentazione allegorica del Comune di Padova, seguita dalla scena del Tribunale dell’Unicorno, da un Leone di San Marco e da San Girolamo e San Basilio, questi ultimi dipinti sono stati attribuiti a Giusto De’ Menabuoi.
Parete Orientale
La parete orientale corrisponde all’area dell’antica Cappella di San Prosdocimo, presenta una serie di affreschi ad ispirazione religiosa. Il ciclo inizia con la raffigurazione di San Sebastiano, San Cristoforo e San Giorgio realizzati da L. Grossato verso la fine del Trecento, seguono San Antonio Abate e un santo non identificato, nella parte bassa la Veronica col sudario di Cristo. Subito dopo troviamo la Crocifissione tra San Giovanni e la vergine, opera Cinquecentesca. Sopra la porta troviamo il bassorilievo dell’esploratore padovano Gian Battista Belzoni, realizzato da R. Rinaldi entro un clipeo formato da un serpente che si morde la coda. A fianco è raffigurato lo stemma di Tommaso Mocenigo del 1502, sotto la lapide in caratteri godici che ricorda l’incendio del Salone nel 1420, seguono la raffigurazione delle Virtù Cardinali, la Prudenza, la Giustizia, la Fortezza e la Temperanza, al centro tra le Virtù il Leone di San Marco. Alla fine troviamo la Virtù Teologale della Fede.
Tra le curiosità che si possono ammirare oggi nel Salone c’è:
La Pietra del Vituperio si presenta a forma di vaso, poggiata su una base quadrata a tre gradini, sul cui orlo superiore corre un’iscrizione “ lapis vituperii et cess bonor ” pietra del vituperio e della cessione dei beni. E’ chiamata anche la pietra della vergogna perché destinata ai debitori insolventi. Il rito prevedeva che chi era esposto alla gogna mediatica, doveva salire e battere per tre volte con il sedere sulla pietra, in mutande di tela, pronunciando per tre volte la frase: «Cedo bonis» (rinuncio ai miei beni). Da cui il detto veneto “restare in braghe di tela”. Il debitore al termine del rito doveva lasciare la città e se fosse rientrato senza il consenso dei creditori, sarebbe stato nuovamente costretto a sedere sulla Pietra del Vituperio e in più gli sarebbero stati gettati addosso tre secchi d’acqua. Sant’Antonio fu uno dei promotori della legge contro i debitori. Così questa legge disumana che imponeva il carcere a vita ai debitori insolventi, lasciando la famiglia senza sostentamento, fu modificata il 15 marzo del 1231, sotto il Podestà Stefano Badoaro. Grazie al suo intervento fu approvato il nuovo statuto: “A ricerca del venerabile frate e beato Antonio confessore dell’ordine dei frati minori, ordiniamo che nessuno in avvenire per alcun debito o debiti pecuniari, tanto passati che presente e futuri, sia tenuto nelle carceri, se voglia rinunciare tutti i suoi beni, sia egli debitore o fidejussore. …” Dopo tre mesi dall’emanazione della legge per cui tanto il Santo si adoperò, morì.
Il grande cavallo ligneo fu commissionato nel 1466 dal conte Annibale Capodilista ad un ignoto autore per una grande mascherata a tema mitologico. Era una delle più grandi macchine, l’unica oggi rimasta, realizzata per una straordinaria festa che si svolse a Padova tra le piazze dei Signori e Prato della Valle. Il Cavallo dopo la sfilata venne conservato all’interno del Palazzo della famiglia Capodilista a San Daniele e vi rimase fino al 1837 quando i conti Giorgio e Giordano Emo Capodilista lo donarono al Comune di Padova perché lo custodisse e provvedesse al suo restauro. Il Cavallo era privo di testa e di coda; furono rifatte dall’intagliatore Agostino Rinaldi su modello tratto dal cavallo del monumento equestre al Gattamelata esposto in Piazza del Santo. La sfera sotto lo zoccolo dell’arto anteriore sinistro del manufatto pesa 615 kg e serve a tenere in equilibrio l’intero cavallo che misura 5,75 m di altezza e con una circonferenza di m 6,20.
- Il Pendolo di Foucault è collocato nell’angolo sud-est del Salone. Fu realizzato sul progetto del Dipartimento di Fisica dell’Università di Padova verso la metà dell’Ottocento ricordando appunto il famoso fisico francese Jean Bernard Foucault che per primo sperimentò, nel 1851 al Pantheon di Parigi, il fenomeno astronomico della rotazione della Terra attorno al proprio asse. Si tratta di una sfera di 13 Kg appesa al soffitto con un filo di acciaio di circa 20 metri che riproduce appunto il fenomeno scoperto da Foucault. Il meccanismo e reso visibile da una serie di led che si accendono progressivamente all’oscillare della sfera.
Le facciate esterne del Palazzo
Il Palazzo della Ragione si trova tra le piazze delle Erbe e delle Frutte, dove ancora oggi si tengono i mercati padovani. Il piano terra è costituito da due lunghe gallerie parallele intersecate da una terza che unisce le due piazze. Sotto le volte a crociera delle gallerie si trovano le numerose botteghe: quelle interne sono di proprietà comunale, mentre quelle esterne sono proprietà privata. Al grande Salone si accedeva attraverso quattro scalinate, due per ogni loggia, che prendevano il nome dei mercati che si tenevano ai loro piedi:
- La Scala dei ferri a sud-est
- La Scala degli osei a nord-est
- La Scala del vin a sud-ovest
- La Scala delle erbe a nord-ovest
Attualmente l’ingresso si trova sul lato sud orientale, lungo la scala dei ferri. Salendo le due piccole rape si immette nella loggia meridionale realizzata in cotto e decorata con motivi floreali, sostenute da colonnine in rosso di Verona. È da notare che mentre le colonnine della loggia meridionale sono in rosso di Verona, nella loggia settentrionale sono alternativamente in biancone e rosso di Verona, mentre il parapetto è alternativamente in pietra bianca e rossa: i colori dello stemma della città. Oltre alla varietà degli elementi architettonici e pittorici, sono da ricordare i monumenti situati sopra le porte che collegano le logge al Salone. Verso Piazza delle Erbe troviamo i busti del giurista padovano Giulio Paolo colto nell’atto di consultare i suoi codici e quello del noto Pietro d’Abano, alla cui concezione filosofica fu ispirata tutta la costruzione del Palazzo della Ragione. Verso Piazza dei Frutti si possono osservare il monumento al predicatore Alberto dell’ordine degli Eremitani e quello allo storico latino Tito Livio, di origine padovana. Questi bassorilievi, realizzati tra il 1420 e il 1425, sono poco leggibili perché deteriorati dal tempo e dall’inquinamento atmosferico. Prima dell’incendio del 1420 le logge erano coperte da tetto a travature lignee. Nel 1825 nelle logge, a cura dell’Abate G. Furlanetto, venne allestito il primo nucleo lapidario del futuro Museo Civico di Padova.
La facciata meridionale presenta numerose targhe che ricordano importati avvenimenti avvenuti a Padova: la Liberazione di Brolo (1686), il Passaggio di Enrico III di Valois a Padova (1374), la Fine dell’interdetto lanciato da Paolo V a Venezia (1607) e la Data della pubblicazione alla Ducale che annunciava la vittoria veneziana contro i Turchi (1651). Su questa facciata ha trovato posto in prossimità della copertura un grande orologio meccanico realizzato verso la fine del 1400 da Giovanni Francesco Mazzoleni. A destra di questo orologio si trova una meridiana realizzata dall’abate Bartolomeo Toffoli nel 1793. La curiosità maggiore rimane un’altra meridiana solare realizzata da una sottile striscia di marmo nero e bianco che taglia di traverso il pavimento alla veneziana. Un raggio di sole entra a mezzogiorno attraverso un foro posto in modo opportuno sulla parete esterna a sud del Salone. La luce penetra all’interno attraverso la bocca di un mascherone a forma solare che si trova a 9 metri dal pavimento e va a colpire un preciso punto della meridiana. La meridiana è attribuita a Bartolomeo Ferracina, che restaurò il Salone nel 1756.
Sulla parete esterna occidentale si eleva la Loggetta dei Bandi, da cui venivano comunicati al popolo eventi importanti, condanne capitali, disposizioni del Comune, proclamazioni di guerra e di pace. La parete è resa vivace da molteplici stemmi e scudi dei podestà e dei capitani succedutisi al governo della città. Qui sono stati posti anche il busto di Tito Livio forse trecentesco, attribuito a Andriolo de’ Santi, e la targa che attribuisce a Pietro Cozzo l’elevazione del Palazzo. Di fronte alla Loggetta sorge l’attuale Palazzo delle Debite, un tempo qui esistevano due passaggi sopraelevati che collegavano i due Palazzi, uno immetteva agli Uffici della Sanità e l’altro direttamente alle prigioni, tramite il quale venivano tradotti dal Salone al palazzo stesso i debitori condannati, perché il Palazzo delle Debite era appunto la prigione dei debitori insolventi. Entrambi furono demoliti in occasione della costruzione del nuovo Palazzo delle Debite fatto da Camillo Boito nel 1873.
Sul lato orientale del palazzo troviamo “Il volto della corda”, un grandissimo arco di passaggio verso Piazza delle Erbe, costruito nel 1277. E’ chiamato così perché qui venivano eseguite le condanne dei bugiardi, dei falliti, imbroglioni e dei debitori insolventi. La pena consisteva nel sollevare il reo per i polsi legati dietro la schiena fino a 3-4 metri e poi lasciarlo cadere, spesso venivano colpiti sulla schiena con una corda. Le corde rimanevano sempre appese a cinque anelli di pietra infissi nel muro del Volto per ricordare ai venditori di essere onesti. L’angolo posto sotto il Volto della Corda prende il nome di “Canton delle busie” (angolo delle bugie) perché vi avvenivano gli incontri tra i commercianti. Ancor oggi sono visibili le antiche misure padovane scolpite sulla pietra bianca: il brazzolaro (braccio) era usato per misurare la stoffa ed equivaleva a un braccio umano, lo stajo usato per i semi e cereali, il copo (tegola) per la farina e il quarelo per misurare i mattoni.
Info:
Da martedì a domenica 09:00-19:00 dal 1 febbraio al 31 ottobre / 09:00-18:00 dal 1 novembre al 31 gennaio
ultimo accesso 30 minuti prima della chiusura – la prenotazione non è necessaria
tel. +39 049 8205006
biglietti: intero euro 7,00
ridotto: euro 5,00 gruppi di almeno 10 persone, over 65 cittadini UE, soci di associazioni e convenzionati, residenti di Padova e provincia, dipendenti del Comune di Padova
ridotto scuole: euro 2,00 ragazzi tra i 6 e i 17 anni, studenti e scolaresche, studenti universitari anche over 26, studenti delle accademie, docenti di ogni ordine e grado
didattica scuole Padova e provincia: euro 1,00 scuole che partecipano alle attività didattiche dell’Amministrazione
gratuito: fino a 5 anni, persone con disabilità e accompagnatore, giornalista accreditati iscritti all’albo, docenti che accompagnano un gruppo di studenti, guide nell’esercizio delle loro funzioni, possessori tessera Icom, residenti di Padova e provincia nella prima domenica del mese
In caso di mostre le tariffe possono subire variazioni, l’ingresso è consentito fino a mezz’ora prima della chiusura.
Chiusura: tutti i lunedì non festivi, Natale, S. Stefano, Capodanno, I Maggio