L’Arcella ai tempi di S. Antonio era un borgo non lontano delle mura cittadine, chiamato Capo di Ponte, dove c’era una piccola chiesetta intitolata a Santa Maria de Cella, un Monastero e un Convento. Secondo un’antica tradizione il Monastero sarebbe stato fondato da S. Francesco d’Assisi intorno al 1220, quando di ritorno dall’Oriente (Sòria) via mare, sbarcò a Venezia e dirigendosi poi ad Assisi, passò per Padova. Qui avrebbe fondato il primo nucleo di quello che in seguito sarebbe diventato il “Monastero di S. Maria de Cella” intitolato alla Vergine Maria. Si tratto di una doppia comunità Francescana, cioè un monastero femminile composto da Clarisse (seguaci di S. Chiara) ed un convento maschile di Frati Minori (Fratelli della classe più umile Minores).
In questo luogo entrarono nell’Ordine Francescano molti giovani di nobili famiglie padovane, tra i quali: Luca Belludi ed Elena Enselmini. Anche S. Antonio quando giunse a Padova per la prima volta, intorno al 1227, alloggiò all’Arcella per qualche tempo, sembra durante il periodo invernale, quando le vie erano poco percorribili a causa del fango e dei frequenti allagamenti.
Tra il 1494 e 1495 il monastero fu gravemente danneggiato da un incendio, durante la presa della città da parte dei veneziani, fu poi ricostruito grazie a offerte e a lasciti. Nel 1509 l’imperatore Massimiliano d’Asburgo, alla guida della Lega di Cambrai contro la Repubblica Veneta, collocò nel monastero il suo quartier generale e più tardi, a seguito della peste, il monastero fu trasformato in lazzaretto. Nel secondo decennio del 1500 fu distrutto su ordine del Senato Veneto e in seguito venne ricostruito un piccolo capitello porticato identificato come la cella in cui mori S. Antonio il 13 giugno del 1231.
Una piccola chiesa venne costruita in seguito tra il 1674 e il 1675 chiamata Sant’Antonino. Nel secondo quarto dell’Ottocento si avviò una campagna di ricostruzione del Santuario guidata dal nobile padovano Giovanni Battista Trevisan: su suo progetto si riedificò o ampliò la precedente costruzione secondo il gusto neoclassico.
L’attuale santuario si presenta nelle sue armoniose linee architettoniche neogotiche di chiara ispirazione francescana, grazie ai due architetti che si succedettero dal 1886 al 1931 nella progettazione e direzione dei lavori. Eugenio Maestri e Nino Gallimberti seppero dare al tempio un’impronta originalissima di grande livello e di gusto misurato creando una tra le più interessanti opere architettoniche neogotiche nel panorama italiano della fine dell’800.
La Cella del Transito è il cuore del Santuario, dove da secoli la devozione popolare e le testimonianze storiche indicano il luogo in cui il Santo di Padova spirò la sera del 13 Giugno 1231 nella visione del suo Signore: «Video Dominum Meum».
Dopo la morte di Sant’Antonio l’umile celletta del Convento francescano di Santa Maria de Cella, fondato intorno al 1220, venne trasformata in una cappella o piccolo tempio, a somiglianza di quanto avvenne altrove (la Porziuncola di Assisi). Lo indicano alcune Fonti importanti (Michele Savonarola – 1445): «Cui (Monasterio)… Templiculum quoddam Beati Francisci contiguum est… quo quidem in loco gloriosus ille Antonius noster defunctus est» (al quale – Monastero – è contiguo il Tempietto già del Beato Francesco… nel luogo in cui è morto il nostro glorioso Antonio).
Il Monastero delle Clarisse ed il Convento dei Frati Minori che formavano il complesso di Santa Maria de Cella, detto talvolta della Beata Elena (Enselmini), furono soggetti a numerosi rifacimenti e ricostruzioni in seguito a guerre e ad incendi, ma si conservò sempre il sacello sul luogo della morte del Santo. Quando, intorno al 1517, tutto il complesso conventuale venne raso al suolo per ordine delle Autorità militari Veneziane che imposero la spianata (Guasto) intorno alle nuove mura bastionate per la profondità di circa un miglio, venne atterrato anche il venerato Templiculum. Ma i Padovani non vollero perdere la cara memoria di quel luogo e, sfidando il rigido divieto di edificare entro i termini del Guasto, prontamente ricostruirono un minuscolo Capitello (Monterosso, Effemeridi di Padova).
Le Autorità Veneziane tollerarono (o furono costrette a farlo) trattandosi del Santo di Padova, ma impedirono qualunque ingrandimento almeno fino al 1675 quando, attenuatosi il vincolo militare, il Capitello che custodiva il sacro luogo venne compreso in una chiesa di più ampie proporzioni. IL piccolo Sacello strenuamente voluto e difeso dalla devozione dei Padovani è dunque una preziosa eredità ed una testimonianza commovente della fede che i secoli ci hanno trasmesso. Conservata con venerazione in tutte le successive ricostruzioni del Santuario la Cella del Transito, situata sotto la grande cupola dell’attuale Tempio indica e custodisce uno dei luoghi più cari e venerati dai padovani e dai devoti del Santo sparsi in tutto il mondo, dove Egli chiuse gli occhi a questa luce terrena intravvedendo «l’abisso di Luce» che non tramonta. Cosi lo rappresenta la bella statua in pietra naturale scolpita e colorata realizzata nel 1808 da Rinaldo Rinaldi, prediletto allievo di Antonio Canova, che rende ancora più vivo e palpitante questo luogo straordinariamente ricco di Fede e di Storia.
La tomba della beata Elena Enselmini
Elena Enselmini (Nata a Padova nel 1207 mori all’Arcella il 4 Novembre del 1231) è stata una monaca religiosa italiana, beatificata da papa Innocenzo XII nel 1695, venerata da San Gregorio Barbarigo che ne aveva promosso il culto. Il suo corpo incorrotto venne venerato prima nel Monastero di Santa Maria de Cella, poi nel 1513 venne portato nella chiesa della Beata Elena (Zona Portello) e nel 1810 la salma fu tumulata nella chiesa di Santa Sofia. Nel 1957 ritornò nuovamente al santuario dell’Arcella nella chiesa officiata dai Frati Minori Conventuali.
Figlia di una nobile famiglia padovana, a 13 anni entrò tra le Clarisse del piccolo monastero di S. Maria de Cella, fondato da S. Francesco intorno al 1220, di ritorno dall’Oriente. Quando S. Antonio giunse a Padova come Ministro Provinciale, intorno al 1227, visitò e dimorò nel monastero dell’Arcella e qui conobbe anche Elena. Fu lui, sembra, a dare formazione teologica e preparazione morale alla giovane fanciulla. A 23 anni fu colpita da una grave malattia che sopportò con vera fortezza d’animo e serena fiducia nel signore. L’infermità che aveva colpito la povera Elena, la privò dell’uso della parola e della vista, impedendole inoltre di poter assumere qualsiasi cibo, sicché visse gli ultimi tre mesi senza mangiare né bere. Mori all’età di 24 anni, circa quattro mesi dopo la morte di San Antonio. Oggi la Santa viene invocata dai fedeli che le chiedono forza di fronte alle malattie e al dolore.
La Reliquia del Beato Luca Belludi
Si trova sull’altare della Cappella dei SS. Francescani.
Si tratta di un Reliquiario in bronzo dorato opera degli orafi padovani Griffi e Cattaneo (1935), la cui forma si ispira ai celebri reliquiari francesi del XIII° sec. (Saint Chappelle). All’interno troviamo una piccola urna di cristallo che contiene una parte insigne delle ceneri e delle ossa del Beato Luca Belludi, donate al Santuario dell’Arcella dalla Basilica del Santo.
Di lui si sa con certezza che fu compagno di sant’Antonio di Padova, mentre non è certo che si chiamasse Belludi. Fu vicino al Santo nell’azione evangelizzatrice, testimone delle virtù e della santa morte. E di lui è stato scritto: «Fu uomo veramente dotto, eccellente fra i predicatori; nella vita e nella dottrina poco dissimile dal maestro». Si spense in tarda età (probabilmente il 17 febbraio 1288), depositario di tanti ricordi della vita del Santo e venerato in ogni tempo per le sue virtù. Le spoglie mortali riposano nella cappella omonima della basilica del Santo, in un’urna che fu già di sant’Antonio, collocatevi definitivamente dopo l’ultima ricognizione e traslazione (8 giugno 1985). Il suo culto fu confermato da Pio XI il 18 maggio 1927.
La Torre Campanaria
La torre campanaria, che si affianca alla chiesa, venne progettata tra il 1898 e il 1899 dall’architetto padovano Agostino Miozzo ma la costruzione si concluse sulla direzione dell’ingegnere Agostino Zanovello, rispettando il gusto neogotico della nuova chiesa. Il campanile è alto 75 metri e fu inaugurato il 29 settembre del 1922. Alla sommità della cuspide è stata collocata la grande statua di S. Antonio alta 6 metri, realizzata dallo scultore veronese Silvio Righetti. Nella cella campanaria ci sono otto campane fuse dalla fonderia Cavadini di Verona.
Più volte danneggiata da incendi e dalle distruzioni belliche, ma sempre rialzata prontamente sulle antiche fondamenta venne custodita con devozione commovente lungo i secoli. E’ il cuore simbolico dell’odierno Santuario Antoniano che la corona con la sua cupola maestosa, immagine di quel cielo che il 13 giugno 1231 si aprì ad accogliere l’anima grande del “Santo di tutto il mondo”.
ORARIO DELLE SS.MESSE
Estivo
Feriali e pre-festivi 8.00 – 18.00
Festive 8.30 – 10.00 – 11.30 – 18.00 – 19.30
Invernale (da Novembre ad Aprile)
Feriali e pre-festivi 8.00 – 16.30 – 18.00
Festive 8.30 – 10.00 – 11.30 – 18.00 19.30.