Università – Palazzo Bo

La fondazione dell’Università di Padova affonda le sue radici in quei processi storici che coinvolsero l’Europa occidentale nel primo e secondo secolo dopo il Mille e che indussero all’allargamento del sapere ed al rinnovamento dei suoi contenuti, sulla spinta delle trasformazioni economiche che stavano cambiando il volto del vecchio continente e ponendo le basi per il lento passaggio dal Medioevo al Rinascimento. Formatasi sulla translatio studii, ossia sul trasferimento spontaneo di un gruppo di docenti e studenti provenienti dall’Università di Bologna (fondata circa nell’anno 1088 e riconosciuta ufficialmente come Alma Mater di tutte le Università occidentali), l’Università di Padova celebra nel 1222 l’anno ufficiale della sua fondazione. A quell’epoca risalgono infatti i primi documenti relativi allo Studium Patavinum, che registrano cioè una regolare e stabile organizzazione universitaria, pubblicamente riconosciuta. Nell’antico motto dello Studio “Universa Universis Patavina Libertas” è racchiusa la peculiarità dell’Università di Padova, ossia la grande libertà accademica concessa a professori e studenti e le felici condizioni di civile cultura che ne favorirono la costituzione. L’Università sin dalle origini godette infatti di particolare tutela garantita prima dal libero Comune nel XIII secolo e poi dalla Signoria dei Carraresi nel XIV secolo e dalla Repubblica di Venezia dal 1405 alla fine del Settecento.

Affermatasi inizialmente come centro di studi giuridici e teologici, lo Studio allargò progressivamente e ampiamente ad altre dottrine tra cui medicina, filosofia, astronomia, grammatica e retorica. Nel 1399 l’Università fu divisa in due settori: la Universitas Iuristarum nella quale si coltivavano diritto civile e diritto canonico e la Universitas Artistarum, comprendente medicina, filosofia, teologia, grammatica, dialettica, retorica e astronomia. La riunificazione delle due università ebbe luogo nel 1813. Inizialmente l’Università fu organizzata come libera corporazione di studenti e articolata secondo criteri etnico-geografici, le nationes, che a loro volta facevano riferimento a due grandi gruppi: citramontani (o italiani) e oltramontani (non italiani); erano quindi gli studenti ad approvare gli statuti ed eleggere i docenti, retribuendoli con il ricavato di collette. Per tutto il Trecento i Signori da Carrara protessero l’Università e non ne intaccarono gli statuti di autonomia e di libertà, favorirono l’afflusso di studenti da tutta Europa e chiamarono ad insegnare al Bo i migliori docenti, facilitando anche la loro permanenza a Padova, invitandoli a far parte della loro Cancelleria e considerandoli loro familiari. Ottennero con Bolla di Papa Urbano V nel 1363 per l’Università la facoltà di Teologia che, allora, esisteva solo alla Sorbona e a Bologna. Ma fu soprattutto nel Quattrocento e nel Cinquecento che l’Università di Padova assurse a fama internazionale beneficiando soprattutto dello straordinario clima di libertà e tolleranza religiosa favorito dalla Repubblica di Venezia, da cui Padova dipese dal 1405 al 1797. Il Cinquecento fu il secolo d’oro dell’Università Patavina che divenne uno dei più prestigiosi luoghi di studio d’Europa, punto di eccellenza della cultura umanistica e rinascimentale. Nasce e si perfeziona in questo secolo l’idea-struttura di Gymnasium Omnium Disciplinarum, oggi diffusa in tutto il mondo. In questo periodo si colloca il glorioso contributo del Gymnasium di Padova al nascere della rivoluzione scientifica. Vi concorsero lo sviluppo del pensiero filosofico, le grandi scuole di anatomia e medicina, e la grande avventura in astronomia, fisica e matematica.

Il secolo si apre e si chiude con due nomi eccellenti, Copernico e Galileo, registra la realizzazione del complesso di edifici noti con il nome di Palazzo Bo, sede storica ed antica dell’Università, del Teatro Anatomico e dell’Orto Botanico. Studenti provenienti da tutta Europa erano richiamati dalla fama dell’insegnamento e dallo spirito di tolleranza assicurato da Venezia. Dalla seconda metà del Seicento e per tutto il Settecento il ruolo dell’Università di Padova si trova ridisegnato all’interno della grande rete culturale ed universitaria europea e si amplia ulteriormente con la fondazione dell’Osservatorio Astronomico e con l’istituzione di nuove cattedre (Chimica ed Agraria). Con il tramonto della Repubblica di Venezia e le successive traversie politiche fino all’unificazione della nazione italiana (1866) l’Università svolge a buon livello il suo ruolo regionale nonostante i condizionamenti alla libertà intellettuale e al ridotto sostegno fornito dal governo asburgico. Nell’800 studenti e professori padovani partecipano numerosi alle lotte risorgimentali per l’indipendenza, anche con sommosse insurrezionali locali (febbraio 1848). Durante la Seconda Guerra Mondiale si distingue come centro del Veneto nella lotta di liberazione contro il nazifascismo e al termine del conflitto viene decorata di Medaglia d’oro al valor militare per il sacrificio di tante giovani vite nella lotta per la riconquista della libertà. Oggi l’Università di Padova occupa uno dei primissimi posti tra gli Atenei italiani di maggior prestigio, ha impostato una controllata politica di articolazione e diffusione territoriale dilatando la sua presenza nel Veneto e dal 1995 è dotata di statuto autonomo.

 

Sul sigillo dell’Università sono raffigurati il Cristo risorto e Santa Caterina d’Alessandria, ovvero i patroni delle due distinte università dalla cui unione nasce l’attuale ateneo.
In particolare, Cristo risorto era considerato il patrono dei medici, chiamati a ridare vita ai corpi malati, mentre Santa Caterina era la patrona dei giuristi, perché secondo la tradizione si difese da sola nel processo intentatole dagli idolatri prima di subire il martirio, stupendo tutti con la sua eloquenza. Per questo è raffigurata con lo strumento del suo supplizio (la ruota dentata) e con la palma, simbolo con il quale nell’iconografia cattolica sono raffigurati i martiri.

Itinerario di visita

L’antico complesso del Bo è ancora oggi sede di attività universitarie varie, tra cui cerimonie e celebrazioni ufficiali, convegni, conferimenti di lauree, attività di studio e ricerca. E’ comunque consentito visitare i luoghi più significativi in giorni ed orari fissi della settimana.

La visita parte dal Cortile Antico, opera di Andrea Moroni (1546-1587), il maggiore architetto, di origini bergamasche, attivo a Padova intorno alla metà del 16° secolo, autore anche di altri insigni monumenti quali il Palazzo comunale, la Basilica di Santa Giustina e l’Orto Botanico. Il Cortile è una delle più belle costruzioni rinascimentali di Padova: circondato da una doppia loggia a due ordini, (dorico e ionico) è decorato dagli stemmi (complessivamente l’Università ne conserva circa 3000) dei rettori e dei loro consiglieri che ressero l’ateneo dal 1592 al 1688.  Alcuni stemmi sono stati dipinti direttamente sul muro, altri sono stati scolpiti in pietra e posizionati contro il muro. Tali stemmi possono anche essere trovati in gran numero negli auditorium. 

Ai piedi delle scale che ti portano all’ultimo piano c’è una statua di Elena Lucrezia Cornaro Piscopia (1646-1684 ). Elena è conosciuta come la prima donna laureata al mondo, avendo ottenuto la laurea in filosofia all’Università di Padova il 25 giugno del 1678.

Elena Lucrezia Cornaro, nacque a Venezia  il 5 giugno 1646 presso Rialto, da una nobilissima famiglia da cui uscirono quattro dogi, nove cardinali, imparentata con Caterina Cornaro regina di Cipro e poi signora di Asolo. Il padre Giovanni Battista Cornaro procuratore di San Marco, aveva intuito il talento della figlia e fu incoraggiato sia dal parroco di San Luca sia dallo studioso Giovanni Battista Fabris ad avviarla sin dall’età di sette anni agli studi classici. Sin da piccola studiò matematica, filosofia, teologia, astronomia, geografia, greco antico, latino, spagnolo, ebraico musica, con prestigiosi studiosi dell’epoca. A diciannove anni prese i voti come oblata benedettina. Esortata dagli insegnanti e dal padre, chiese al Collegio dell’Università di Padova di poter essere ammessa al Dottorato in Teologica. La condizione di donna fu un ostacolo insuperabile a cui si oppose il Cardinale Gregorio Barbarigo in quanto riteneva “uno sproposito” che una donna potesse diventare “dottore”, perché avrebbe significato «renderci ridicoli a tutto il mondo». Dopo una lunga perseveranza di richieste e grazie alla mediazione di Rinaldini, il Collegio decise di accogliere la richiesta riconoscendo un dottorato in filosofia “magistrata in philosophia tantum“ ed aggregata al Collegio di filosofi e medici dell’università Patavina. Dopo un breve ritorno a Venezia, visse a Padova dove fu colta da prematura morte per tubercolosi il 26 luglio 1684. Fu tumulata nella locale abbazia benedettina di Santa Giustina.

Salendo un ampio scalone si giunge al loggiato superiore.

Qui la visita prosegue con l’ingresso al famoso Teatro Anatomico. Costruito per volontà del celebre professore di anatomia Gerolamo Fabrici d’Acquapendente nel 1594, è perfettamente conservato. Si tratta sicuramente del primo teatro anatomico stabile del mondo – in precedenza infatti, per assistere alle autopsie, si costruivano strutture smontabili – che manifesta la volontà di affidare all’anatomia pratica una ‘schola’ propria ed apposita dove custodire tutto l’occorrente per le dissezioni. Il teatro realizzato da artigiani locali su progetto di d’Acquapendente e fra’ Paolo Sarpi, è in legno a forma di cono rovesciato con pianta ellittica e sei ordini concentrici di gradini (sul modello del Colosseo o dell’Arena di Verona) che si alzano intorno al tavolo anatomico. Le balaustre sono in noce intagliato e dietro ad esse si disponevano, in piedi, gli studenti per assistere alla lezione. Utilizzato per l’insegnamento fino al 1872 il teatro è stato restaurato nel 1991-92. In quest’aula, dal 1711 al 1771, insegnò tra gli altri Giovanbattista Morgagni, padre della moderna anatomo-patologia.

All’ingresso del teatro anatomico è visibile l’iscrizione in latino “Mors ubi gaudet succurrere vitae“, ossia “Dove la morte è lieta di soccorrere la vita”.

Nella saletta adiacente al Teatro – un tempo “cucina” del teatro stesso, cioè luogo utilizzato dagli studenti per preparare gli organi da studiare, è allestita una piccola mostra storica permanente.

Attività accademiche permettendo, il percorso prosegue solitamente con la visita della Sala dei Quaranta e dell’Aula Magna.

La Sala dei Quaranta è decorata da 40 ritratti di illustri stranieri, studenti dell’Università di Padova, provenienti da tutti i Paesi d’Europa. Eseguiti a tempera da Giacomo dal Forno (1942) essi, tra gli altri, ritraggono:

  1. DAMIANO DE GOES (1502-1574), portoghese. Soggiornò a Padova dal 1533 e vi consegui la laurea nel 1538. Allievo e amico di Erasmo da Rotterdam, fu diplomatico e storico.
  2. ANTONIO AGUSTIN (1517-1586), spagnolo. Storico del diritto e filologo, fu diplomatico e arcivescovo di Tarragona.
  3. EMILE PERROT (?-1556), francese. Conseguì il dottorato a Padova nel 1531. Umanista e giureconsulto, ricoperse cariche politiche di rilievo a Parigi.
  4. MICHEL DE L’HOSPITAL (1504 ?-1573), francese. Si addottoro a Padova “utroque iure”. Consigliere di Caterina de’ Medici, nel 1560 divenne cancelliere di Francia, dando prova di tolleranza nei conflitti religiosi.
  5. CASPAR BAUHIN (1560-1624), svizzero. Dopo aver seguito gli studi a Padova, fu professore di anatomia e botanica a Basilea. Si ricordano, tra le sue opere, il Pinax theatri botanici. Descrisse la valvola ileocecale cui venne dato il suo nome.
  6. JEAN PREVOST (1585-1631), svizzero. Laureatosi a Padova del 1607, botanico e medico, fu allievo e successore di Prospero Alpini. Medicina pauperum è la sua opera principale.
  7. ADRIAAN VAN DEN SPIEGEL (1578-1625), fiammingo. Allievo di Acquapendente e Casseri, ricoprì la cattedra di anatomia e chirurgia. Sue opere principali sono il De formato foetu e il De humani corporis fabrica libri decem, che fu arricchito dal Bucrezio con splendide incisioni del Casseri. Descrisse il lobo epatico che porta il suo nome.
  8. JOHANNES VAN HEURNE (1543-1601), olandese. Allievo di Fabrici e Guilandino, fu medico famoso a Leida.
  9. THOMAS LINACRE (ca. 1460-1524), inglese. Frequentò l’Università di Padova dal 1484, addottorandosi in medicina. Ebbe rapporti culturali con Demetrio Calcondila e Nicolò Leoniceno. Tornato in patria, vi formò un cenacolo di dotti umanisti, ammiratori del Rinascimento italiano. Fu medico personale di Enrico VIII, amico di Erasmo e maestro di Tommaso Moro. Umanista famoso, insegnò greco ad Oxford e tradusse in latino diverse opere di Galeno. Fondò il Royal College of Physicians.
  10. FRANCIS WALSINGHAM (1532-1590), inglese. Studente a Padova tra il 1550 e il 1556, fu consigliere della regina Elisabetta d’Inghilterra. Abile statista, esercitò un ruolo rilevante nell’organizzare la difesa delle isole britanniche e nel rendere possibile la sconfitta della Invencible Armada spagnola (1588).
  11. WILLIAM HARVEY (1578-1657), inglese. Consigliere della natio anglica, il suo stemma figura nel Cortile Antico dell’Università. Fu allievo di Fabrici d’Acquapendente e si laureò in medicina nel 1602. Membro del Royal College of Physicians, fu medico del re Carlo I. A Padova apprese i fondamenti su cui poggia la sua scoperta, la circolazione del sangue, pubblicata nel 1628 nella Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus, che segna l’inizio della fisiologia moderna e rappresenta una tappa rivoluzionaria nella storia della medicina. Dopo aver provato, su solide basi sperimentali, l’insostenibilità della concezione galenica, allora accettata, sul movimento oscillatorio del sangue, Harvey ne dimostra il moto circolare con argomentazioni quantitative stringenti di derivazione galileiana e sperimentazioni emodinamiche accurate, basate sugli studi morfologici condotti da Fabrici sulle valvole delle vene.
  12. OLIVER GOLDSMITH (1728-1774), irlandese. Presente a Padova nel 1755 e nel 1757, poeta e commediografo, tra i suoi lavori teatrali ricordiamo The good-natur’d man e She stoops to conquer.
  13. JOHN RUTHVEN (sec. XVI), scozzese. Terzo conte di Gowrie, si iscrisse all’Università di Padova, di cui fu rettore per un anno. Morì per ragioni oscure in uno scontro con la scorta del re Giacomo VI.
  14. OLOF RUDBECK (1630-1702), svedese. Studente a Padova, condusse studi approfonditi sui vasi linfatici. Fu poi professore di medicina nell’Università di Uppsala, di cui fu anche rettore; ne arricchì e rinnovò le infrastrutture scientifiche, facendo costruire un anfiteatro anatomico, tuttora esistente, sul modello di quello inaugurato nel 1594 a Padova da Fabrici d’Acquapendente.
  15. OLAUS WORM (1588-1654), danese. Lo troviamo a Padova a partire dal 1609, allievo dell’Acquapendente e del Casseri. Nel 1613 fu nominato professore di filosofia e quindi di medicina nell’Università di Copenhagen dove fondò anche un museo di minerali.
  16. PIER GIOVANNI RESENIUS (1625-1688), danese. Laureatosi in diritto a Padova nel 1653, fu professore a Copenhagen e consigliere di stato. Profondo conoscitore delle antichità scandinave, fu il primo editore dell’Edda.
  17. THOMAS BARTHOLIN (1616-1680), danese. Membro di una dinastia di medici e anatomisti, è considerato, insieme al fratello Erasmo, che pure studiò a Padova, e al padre Caspar, uno dei fondatori della scuola medica danese. Allievo di Vesling (1598-1649), fu autore di importanti scoperte anatomiche, tra cui la descrizione del dotto linfatico toracico nell’uomo riportata nel De lacteis thoracis in homine brutisque nuperrime observatis. Il figlio, Caspar secundus, descrisse le strutture anatomiche che ne presero il nome, le ghiandole del Bartolini e il dotto sublinguale del Bartolini.
  18. NICOLO DA CUSA (1401-1464), tedesco. Originario di Treviri, dopo aver studiato filosofia e diritto canonico a Heidelberg, fu a Padova dal 1417 al 1423 divenendo doctor decretorum. Svolse con deciso impegno attività diplomatica per favorire l’unione della chiesa d’oriente con quella d’occidente. Cardinale e vescovo di Bressanone, fu uomo di profonda cultura umanistica. Nella sua opera più importante De docta ignorantia pone la matematica al servizio della filosofia nell’esaminare i limiti della conoscenza umana.
  19. JOHANN GEORG WIRSÜNG (ca. 1600-1643), tedesco. Fu studente e conseguì la laurea in medicina a Padova. Prosettore di Johann Vesling, a lui si devono la scoperta e la prima descrizione del dotto pancreatico. Incise egli stesso la lastra in rame, tutt’ora conservata nell’antico palazzo del Bo, che rappresenta con molta chiarezza questa struttura anatomica.
  20. WERNER ROLFINCK (1599-1673), tedesco. Amburghese, si addottorò in medicina a Padova nel 1625. Allievo di Adriaan van den Spiegel, gli fu affidato l’insegnamento dell’anatomia. Chiamato a Jena, vi tenne le lezioni di anatomia, chirurgia e botanica, fondandovi un laboratorio di chimica e un teatro anatomico esemplato su quello di Padova.
  21. TAS DI CÉRNA HORA, o PROTASIUS DI CZERNAHORA, ceco. Fu studente a Padova. Vescovo della diocesi di Olmütz, fu considerato un profondo interprete della cultura umanistica. Si impegnò politicamente in favore del partito cattolico e dell’avvento al trono di Boemia (1469) del re Mattia Corvino d’Ungheria (1440-1490).
  22. JAN KRTITEL BOHAC (1724-1768), boemo. A Padova fu allievo del Morgagni. Naturalista e professore di medicina nel Carolinum di Praga.
  23. WITELO (ca. 1230 – ca. 1275), polacco. Fu uno dei più illustri studiosi del suo tempo. Dopo essere stato a Parigi, studiò a Padova diritto canonico tra il 1262 e il 1268. La sua opera principale, Prospectiva, che affronta lo studio dei problemi dell’ottica, ebbe grandissima diffusione e fu uno dei testi di riferimento in questo ambito fino al sec. XVII.
  24. KLEMENS JANICKI (1516-1543), polacco. Umanista e fine poeta, ebbe il lauro nel 1540 dal podestà di Padova, il conte palatino Marcantonio Contarini.
  25. JAN KOCHANOWSKI (1530-1584), polacco. Fu a Padova tra il 1552 e il 1558. Nei suoi componimenti poetici ricorre un amore padovano sullo sfondo del paesaggio euganeo. Profondo ammiratore di Tito Livio e di Francesco Petrarca, ne visitò l’arca ad Arquà che ricordò in una sua poesia. Viene ritenuto il primo poeta nazionale polacco.
  26. FRANCISK SKORINA (ca. 1490 – ca. 1551), bielorusso. Addottoratosi in medicina a Padova nel 1512, pose le fondamenta del linguaggio letterario bielorusso, stampando il primo libro in una lingua slava dell’est, lo Psalterium, edito nel 1517.
  27. PETER VASILJEVIČ POSTNIKOV (? – 1716), russo. Dopo aver studiato greco e latino, venne a Padova nel 1692, addottorandosi in medicina e filosofia nel 1694. Completò la sua preparazione a Leida, avendo tra i suoi maestri il grande clinico, “totius Europae praeceptor”, Hermann Boerhaave. Esercitò funzioni diplomatiche per lo Zar Pietro I in diversi Paesi, è considerato il primo russo che conseguì la laurea in medicina.
  28. JANOS DA CSEZSMICZE (Janus Pannonius) (1434-1472), ungherese. Studiò a Padova dal 1454 al 1458, e conseguì il dottorato in diritto canonico. A Padova scrisse anche una Laus Andreae Mantegnae pictoris patavini, artista da cui era stato ritratto. Ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione della cultura umanistica in Ungheria e pose le basi della letteratura magiara.
  29. STEFAN BATHORY (1533-1586), ungherese. Nel 1549 il Bathory studiava a Padova. Nel 1571 divenne voivoda di Transilvania e nel 1575, dopo l’abdicazione di Enrico di Valois, fu eletto re di Polonia. Promosse una decisa politica di unità nazionale e di tolleranza religiosa. Difese strenuamente l’indipendenza polacca contro gli Asburgo, i Russi e i Turchi.
  30. JANOS SAMBOKY (Johannes Sambucus), ungherese (1531-1584). Studiò a Padova dal 1553 al 1557 e si laureò in medicina. Figura eminente dell’umanesimo ungherese e approfondito conoscitore dei testi classici. Storiografo e medico di corte dell’imperatore Massimiliano II.
  31. COSTANTINO CANTACUZENO (ca 1650- 1716), rumeno. Studiò a Padova filosofia e diritto negli anni 1667-68. Figura intellettuale di rilievo, fondò a Bucarest un’accademia letterario-filosofica sul modello di quella di Padova.
  32. MARKO GERBEC (Marcus Gerbezius) (1658-1718), sloveno. Studiò medicina a Vienna, poi a Padova e si laureò a Bologna. Fu molto stimato per le sue competenze cliniche. Esercitò a Lubiana, dove fondò nel 1693 la Academia Operosorum e ove è tuttora conservata la sua biblioteca.
  33. DIMITRIJE DEMETER (1811-1872), croato. Si laureò in medicina a Padova nel 1836. Drammaturgo e animatore della vita culturale in Croazia, fu uno dei maggiori rappresentanti del movimento illirico.
  34. GIORGIO BENIGNO SALVIATI (?-1540), bosniaco. Cresciuto profugo a Ragusa studiò a Padova. Insegnò a Firenze, sotto la protezione di Lorenzo il Magnifico e del Salviati, di cui assunse il nome.
  35. GIOVANNI ARGIROPULO (ca. 1410-ca. 1491), greco. Di Costantinopoli, fu a Padova tra il 1441 e il 1450; fu rettore degli Artisti nell’anno 1443-1444 e si addottorò nello stesso 1444. Passato a Firenze, fu dottissimo insegnante di greco ed ebbe come allievi il Landino, il Ficino e il Poliziano.
  36. ALESSANDRO MAUROCORDATO (ca. 1636-1709), greco. Nato a Costantinopoli, fu studente a Padova e si addottorò in medicina a Bologna nel 1664. La sua opera principale, Pneumaticum Instrumentum circulandi sanguinis sive de motu et usu pulmonum, rappresenta il primo sistematico tentativo di studio delle funzioni del polmone in rapporto alla circolazione del sangue. Fu per trentasei anni, dal 1673 alla morte, gran dragomanno, ossia consigliere ed interprete personale del sultano, adoperandosi a vantaggio dei cristiani. Come plenipotenziario dell’Impero Ottomano, sottoscrisse la pace di Carlowitz (1699).
  37. GIOVANNI ANTONIO CAPODISTRIA (1776-1831), greco. Compì a Padova gli studi di medicina. Sostenitore dell’indipendenza della Grecia dall’impero Ottomano, ebbe importanti incarichi diplomatici dallo Zar Alessandro I, svolgendo un ruolo di rilievo nel Congresso di Vienna. Nel 1828 venne nominato presidente della neo-costituita repubblica ellenica. Morì ucciso da rivali politici nel 1831.
  38. MARINO BECICHEMO (1468-1526), albanese. Originario di Scutari, fu professore a Ragusa e quindi a Brescia e Mantova. Dal 1519 tenne a Padova la cattedra di arte oratoria.
  39. NICOLO LEONICO TOMEO (1456-1531), albanese. Si laureò a Padova nel 1485 e a partire dal 1497 insegnò per dieci anni nello Studio, dove lesse per primo Aristotele in greco. Fu uno degli umanisti più considerati di quel tempo, lodato anche da Erasmo da Rotterdam.
  40. EMANUELE SCIASCIAN (1775-1858), armeno. Si laureò in medicina nel 1801 e fu medico famoso a Costantinopoli. Fondatore dell’ospedale di S. Giacomo, promosse la fondazione del primo istituto superiore di medicina nell’impero Ottomano.

A sinistra dell’ingresso troviamo le bandiere usate dall’Università dal 1866 al 1892 ed epigrafe in onore di S. Alberto Magno (1193-1280), tedesco, che nei suoi scritti ricorda di avere frequentato le scuole padovane che precedettero la costituzione ufficiale dell’Università nel 1222. Sommo filosofo e naturalista fu maestro di S. Tomaso d’Aquino. Presso le finestre troviamo il busto di Giovanni Zamoyski, (1542-1605), il grande cancelliere e condottiero polacco, studente e Rettore giurista a Padova dal 1561 al 1564, fondatore dell’Accademia di Zamosc (1594): scrisse di se Patavium virum me fecit; dono dell’Ambasciatore di Polonia Alfredo Wysock e del pronipote Maur. Zamoyski (1937); e busto di Costantino Cantacuzino (1636-1716), pure studente a Padova, iniziatore degli studi universitari a Bucarest, dono della Accademia Rumena (1943).

Nella sala è conservata l’antica cattedra di Galileo Galilei, che insegnò a Padova matematica e fisica dal 1592 al 1610. Si tratta di una struttura lignea dall’aspetto antico e grezzo, realizzata esclusivamente con materiale di recupero. La tradizione vuole che questa cattedra sia stata costruita dai suoi studenti per permettere a Galileo di tenere le sue lezioni nella Scuola Grande dei Leggisti, l’attuale Aula Magna, vista l’enorme affluenza di studenti.

Dalla Sala dei Quaranta si accede all’Aula Magna, intitolata a Galileo Galilei. In origine questa era la grande sala dell’albergo del Bo. Gli affreschi del soffitto sono opera del pittore Giulio Carlini che nel 1854-56 vi rappresentò “La sapienza e le discipline”. Gli stemmi studenteschi alle pareti sono tutti originali. Ancora oggi vi si tengono tutte le cerimonie accademiche più importanti.

Nel 1942 l’Aula venne risistemata dall’architetto Giò Ponti (1891 – 1979), che realizzò la parete di fondo con i seggi del Senato Accademico, e l’adiacente Basilica, una grande sala rettangolare divisa in tre navate separate da colonne in cemento rivestito di stucco rosso, da cui si accede al Bo Novecentesco.

La basilica, che fu progettato dall’architetto Ettore Fagiuoli (1884 – 1961), è arricchita dagli affreschi di Pino Casarini (1897 – 1972), che ripercorrono la storia politica dell’Università di Padova, dall’8 febbraio 1848 fino alla guerra di Etiopia (1935-36) e di Spagna (1936-39). La basilica contiene inoltre molti busti di illustri docenti o personaggi legati allo Studio. 

La visita si conclude al Cortile Nuovo, il cuore dell’ala novecentesca di Palazzo Bo.

Lo stile elegante e in particolare il grande bassorilievo del travertino bianco ricordano immediatamente l’architettura neofascista del periodo di Mussolini. Fu progettato in stile neoclassico dall’Architetto veronese Ettore Fagiuoli come via di collegamento tra le varie strutture del complesso, e fu realizzata per volontà del rettore Carlo Anti. Si presenta con un notevole effetto scenografico, è stato realizzato tutto in pietra d’Orsera ed ha come massimo ornamento un grande altorilievo in travertino di Attilio Selva (1939), glorificante lo spirito volontaristico della goliardia padovana dal 1848 in poi: opera di solenne nobiltà. A sinistra e a destra della piazza ci sono auditorium dove gli studenti possono ritirarsi per studiare.Sotto il portico settentrionale del cortile si apre la sala di ritrovo per gli studentii. Di contro, sotto il portico meridionale, è la sala riservata alle studentesse. Nella parte di fondo del cortile, troviamo un grande altorilievo decorativo, con la figura di Minerva-Vittoria, opera di Paolo Boldrin ( 1942). Sul lato sud del cortile è stata ricomposta con gli elementi originali la prima porta monumentale dell’Università.

Sotto il portico del cortile troviamo l’opera “Resistenza e Liberazione” di Jannis Kounellis, commissionata nel 1994 ed inaugurata il 29 maggio del 1995, fu fortemente voluta dall’Università di Padova con lo scopo di ricordare le vicende eroiche di Ezio Franceschini, Concetto Marchesi e Egidio Meneghetti, tre professori dell’Ateneo patavino protagonisti della Resistenza partigiana. Un’istallazione altamente simbolica e in linea con la tradizione dell’ateneo che, nel 1945, fu unico in Italia ad avere la Medaglia d’oro al valore Militare per il ruolo avuto nella Resistenza.

L’opera è stata realizzata con una serie di travi di legno che mostravano i segni del tempo, scheggiate, rovinate, di colori diversi, assemblate secondo una modalità  già utilizzata a partire dagli anni Settanta dallo stesso artista. L’opera, incassata nella parete, si compone di stratificazioni irregolari che assumono una conformazione più lineare nella parte superiore. Jannis Kounellis ha raccolto vecchie travi di legno nei pressi della periferia della città con l’intenzione di conferire all’intero progetto un valore legato al territorio. La scelta dell’utilizzo del legno assume in questo contesto un secondo significato che rimanda alla famosa cattedra di Galileo Galilei conservata nella Sala dei Quaranta di Palazzo Bo. A completare l’opera tre bandiere della Repubblica Italiana, a ricordarci il valore, l’identità, la storia della Nazione e degli italiani.

Vicino al monumento è stata collocata una piccola lapide che recita: «alla fede civile e all’azione di Concetto Marchesi, Egidio Meneghetti, Ezio Franceschini e di quanti nell’Università seppero unire diversi ideali e culture in concorde lotta di popolo per riconquistare all’Italia la libertà».

Un angolo del Cortile Nuovo ospita una stele monumentale “Spirale per Galileo Galilei” dedicata al grande scienziato Galileo Galilei e realizzato da Giò Pomodoro.  

La grande opera in bronzo e granito, è stata inaugurata nel 1992 alla presenza dell’allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Questa scultura è frutto di una lunga collaborazione fra Giò Pomodoro e gli organi di Direzione dell’Ateneo, lo stesso dove Galilei ebbe la sua cattedra dal 1592 al 1610, gettando le basi per la nascita della scienza moderna, ed è stata donata all’Università dalla FIDIA Farmaceutici.

In una nota redatta all’epoca si legge:“Nell’armonia delle forme l’inestricabile intreccio di elementi geometrici differenti, che sembra nascere da sconosciuti principi di ordine e simmetria, è l’immagine della Scienza nel suo incessante sviluppare e dipanare problematiche inesauribili. Nella complessità delle vicende umane, ordine e simmetria nella diversità sussistono solo in virtù del valore morale e civile della tolleranza.”

Nella parte di fondo del cortile, troviamo il cortile della Meridiana con un grande altorilievo decorativo, la figura di Minerva-Vittoria, opera realizzata da Paolo Boldrin (1942). Allo scultore era stata richiesta una stele a ricordo degli studenti caduti per la Rivoluzione e per la causa fascista. Il primo bozzetto proposto da Boldrin rappresentava il Redentore con le braccia allargate. Sollecitato da Carlo Anti a trovare una soluzione “meno religiosa”, lo scultore realizzò questa figura in pietra calcarea raffigurante la divinità vergine della guerra giusta, della strategia, della saggezza, dell’ingegno, delle arti utili (architettura, ingegneria, scienza, matematica, geometria, artigianato e tessitura).

All’ingresso del cortile si innalza il monumentale scalone che conduce al rettorato, detto Scala del Sapere, affrescata nel 1941 da Gio Ponti con l’aiuto di Giovanni Dandolo e Fulvio Pendini. Il soggetto, scelto da Ponti sulla base di una reinterpretazione delle indicazioni di Anti, prevede una serie di allegorie delle Scienze e delle Arti, che si susseguono lungo le pareti concave. L’ideale figura del giovane studioso è rappresentata mentre affronta questa scalata verso il sapere, passando dalle Scienze naturali a quelle astratte e giungendo, infine, alle Scienze morali, tra le quali spicca la Filosofia, resa come una donna che regge il globo terrestre in mano. Alla sommità della scala trionfa una grande figura femminile, simbolo dell’Università patavina, che poggia i piedi sulle opere dei suoi più grandi studenti. I colori vivaci degli affreschi e dei marmi degli scalini sono stati scelti per vivacizzare uno spazio quasi privo di illuminazione naturale.

Ai piedi dello scalone troviamo la statua di Palinuro, ultima opera realizzata dal grande maestro Arturo Martini prima di morire tra il 1946 e il 1947 all’età di 58 anni. Quest’opera fu donata all’Università di Padova dalla Brigata partigiana “Martiri del Grappa”, raffigura come Palinuro il partigiano Primo Visentin, detto Masaccio, iscritto alla Scuola di Perfezionamento in Storia dell’Arte, comandante di battaglione della Div. “Monte Grappa”, caduto in combattimento a Loria (TV) il 29 aprile 1945. Per Martini, Masaccio è morto come Palinuro, il timoniere di Enea che morì in vista dell’Italia “perspexit Italium” ed è dedicata agli studenti caduti durante la resistenza (1943 – 1945), coloro che s’immolarono per la libertà del nostro paese che tuttavia non giunsero a vedere.

All’uscita del Cortile troviamo il Monumento ai Caduti della Grande Guerra.

Un imponente manufatto realizzato nel 1923 dallo scultore Gaetano Orsolini e dall’architetto Giulio Casanova per onorare la memoria degli studenti (numerosi volontari) e docenti caduti sui campi di battaglia. L’ideatore del progetto di dedicare un portone dell’Università ai duecento soldati caduti (tra cui il proprio figlio Antonio) appartiene a Giuseppe Sarti direttore della Segreteria Universitaria. Il portone, che un tempo dava accesso al cortile antico dell’Università, è stato realizzato fondendo il bronzo dei cannoni presi al nemico durante la Prima Guerra mondiale. Fu inaugurato il 10 giugno 1923 alla presenza di Vittorio Emanuele III.

Il monumentale portale è diviso in due ante, in cui, due giovani eroi loricati, rappresentanti rispettivamente il “Diritto e l’Amor Patrio”, reggono uno stendardo con incisi i nome dei caduti. Nella rosta bronzea si trova la figura di Minerva seduta, la quale tiene nella destra la spada e nella sinistra la vittoria alata. Le figure sono incorniciate da una decorazione a motivi geometrizzanti scanditi in rilievo raffiguranti i simboli delle varie Facoltà dell’Ateneo Patavino.

Questo monumento è stato il punto di riferimento delle commemorazioni cittadine ufficiali ai caduti della Grande Guerra fino alla realizzazione dell’Altare della Patria nel 1928.

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